Finalità di questo Blog

Lo scopo di questo Blog "150° Unità d'Italia" è quello di raccogliere tutte le informazioni relative all'evento, e denunciare il tentativo di strumentalizzare la Storia ai fini anti italiani, così come denunciare l'impegno Istituzionale nel far passare questo importante traguardo il più inosservato possibile.

venerdì 13 novembre 2009

Il Punto di vista di chi ...l’Italia l’ha fatta !

Estratto dell’intervista a SAR il Principe Emanuele Filiberto di Savoia
apparsa su “Il Secolo XIX” del 07 Ottobre 2009

di Debora Badinelli

A pochi mesi dalla visita che, in occasione della campagna elettorale per le elezioni europee, l’Erede di Casa Savoia fece a Chiavari, accetta di entrare nel dibattito aperto dallo storico locale Giorgio "Getto" Viarengo che ha invitato il Levante a riscoprire le proprie radici risorgimentali e a far parte del comitato nazionale per i festeggiamenti del 2011, anniversario della nascita del Paese unito.
Emanuele Filiberto si sofferma sulla figura di Vittorio Emanuele II, che a Chiavari è ricordato con un monumento in piazza Nostra Signora dell’Orto, ma parla anche di politica.

Vive l’attesa del 150° anniversario dell’Unità d’Italia?
"Per Casa Savoia è un evento molto sentito, e siamo molto preoccupati per come le Istituzioni stanno gestendo questo anniversario così importante per tutti gli Italiani. Sa, nel celebrare l’Unità d’Italia si celebrano i nostri Valori, quelli per cui siamo considerati un grande popolo ed un Paese unico al mondo. Non farlo degnamente sarebbe assurdo! Oltretutto sarebbe una grande opportunità di marketing territoriale per rilanciare il Turismo con appositi eventi sparsi per il territorio, altro che spendere miliardi per "grandi opere" con la scusa dell’anniversario!"

Casa Savoia darà un contributo (culturale-storico) al comitato nazionale per le celebrazioni?
"Abbiamo realizzato una mostra itinerante "Casa Savoia, storia di una famiglia italiana" in cui per la prima volta dal 1933 vengono esposti i cimeli di Casa Savoia in un percorso che da Re Umberto II e Maria Josè ci porta fino al Risorgimento e al Padre della Patria Re Vittorio Emanuele II. La prima tappa è stata Cortina d’Ampezzo e ha riscosso un enorme successo di visitatori. Per l’inverno sarà a Milano, poi a Padova, Trieste, Torino, Palermo, Roma. Stiamo anche trattando con Genova; sarebbe un vero peccato non coinvolgere la Liguria, è una regione tanto amata da Casa Savoia, basti pensare che proprio qui la Regina Margherita volle trascorrere gran parte della sua vecchiaia."

Vittorio Emanuele II fu il primo sovrano del Paese unito. Che cosa le hanno raccontato i Genitori e la Famiglia del Suo Antenato? Con quali ideali affrontò il Risorgimento e il processo dell’Unità?
"Re Vittorio Emanuele II è, insieme al Duca Emanuele Filiberto, l’avo che ammiro di più. In lui si sono concentrati il senso dello Stato, la visione prospettica del futuro, l’acume politico e soprattutto una grande umanità e semplicità.
Ancora oggi nelle valli del Piemonte e della Valle d’Aosta, in cui il Re andava spesso per ritrovare la sua dimensione privata, le persone si ricordano di questo Sovrano. Semplice, spesso ruvido, vestito di abiti di montagna, intento a cacciare o a mangiare in compagnia dei valligiani.

Credo che Re Vittorio Emanuele II abbia saputo comprendere che la spinta Risorgimentale doveva essere guidata e incanalata. Senza la sua guida l’Italia sarebbe ancora divisa.
Ha compreso che l’Ideale Risorgimentale era qualcosa che veniva condiviso da tutti per la voglia di riscatto del Popolo Italiano. Ha anche capito che la forza dell’Italia Unita stava nell’essere una Patria di molte piccola Patrie.

I problemi che viviamo oggi con le lotte tra Nord e Sud non ci sarebbero mai state con il decentramento voluto da Casa Savoia per il neonato Regno."


Se dovesse spiegare alle Sue Figlie il significato del Risorgimento come lo descriverebbe? Cercando di trasmettere Loro quali valori?
"E’ il momento culminante dei Valori della Patria. E’ la massima espressione delle aspirazioni millenarie del popolo italico, il punto in cui si è concentrata la volontà e la forza per rendere finalmente Unita la culla delle Arti e della Cultura che tutto il mondo ha sempre riconosciuto alla Penisola Italica divisa e che nel 1861 diventava finalmente non più "un’espressione geografica", ma uno Stato forte ed unito tanto da arrivare ad essere Grande Potenza già nel 1888.
Sono i Valori del Risorgimento, quelli con cui sono cresiuto e che trasmetto a Vittoria e Luisa: il rispetto, la famiglia, le nostre radici Cristiane, il senso dello Stato."


Ci sono ideali, insegnamenti di Vittorio Emanuele II validi ancora oggi?
"Credo che il più grande insegnamento di Re Vittorio Emanuele II sia di essere semplicemente autentici. Rispettosi delle tradizioni e dei Valori senza scordare che siamo umani e che per questo possiamo sbagliare.

Un Re deve essere l’espressione dello Stato e lo Stato è composto per lo più da cittadini comuni, quelli che ogni giorno lavorano con fatica per la propria famiglia e per i figli.
Re Vittorio Emanuele II ha incarnato con un secolo d’anticipo il tipo di Sovrano che troviamo oggi nelle moderne monarchie europee. Vicino al suo popolo, unito al suo popolo."


Il dibattito politico ripropone piuttosto spesso il dibattito sull’unità del Paese. Qual è la sua opinione?
"Ci sono forze potenti in Italia che vogliono scardinarne l’Unità. In primis la Lega. C’è la volontà di distruggere ciò che si è creato con fatica e sacrificio. Non comprendono che se l’Italia fosse divisa verrebbe spazzata via dallo scenario politico mondiale, si ridurrebbe ad un ammasso di piccoli stati insignificanti nello scacchiere internazionale con ripercussioni gravissime per la vita di tutti i nostri cittadini.

L’Italia ha certamente bisogno di una profonda riforma nella gestione delle risorse. Non è accettabile che solo poche regioni del Nord sostengano l’intera economia del Paese. Questo però è accaduto a causa dell’abrogazione del Regio Decreto sul Decentramento avvenuta nel 1971. Quel decreto era l’essenza del vero federalismo fiscale. Ogni comune e provincia d’Italia si tratteneva la maggioranza degli introiti fiscali e ne mandava a Roma solo una piccola parte.

Dopo il 1971 tutto è cambiato e siamo agli attuali estremi. Come vede la Lega dice parecchie bugie. Con Casa Savoia il federalismo fiscale c’era già"


Tratto da http://www.emanuelefiliberto.eu/

Il Punto di vista di chi ...l’Italia l’ha fatta !

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Indice degli articoli correlati


Estratto dell’intervista a SAR il Principe Emanuele Filiberto di Savoia
apparsa su “Libero” del 23 Agosto 2009

Estratto dell’intervista a SAR il Principe Emanuele Filiberto di Savoia
apparsa su “Il Secolo XIX” del 07 Ottobre 2009

“I valori risorgimentali alla base dello Stato”
a cura di Vettor Maria Corsetti
Tratto da : Movimento Monarchico Italiano - Numero Unico di Marzo 2011
 

Tutto sulla mostra Itinerante


"Casa Savoia : Storia di una Famiglia Italiana"



martedì 10 novembre 2009

I giovani e l'Unità d'Italia dimenticata

I giovani e l’Unità d’Italia dimenticata
I ragazzi tra i 18 e i 24 anni non «sentono» l’anniversario Uno su due ritiene il tema non attuale

Non sono bastate le polemiche, gli appelli, i richiami ufficiali. La gran parte degli italiani non sa che nel 2011 ricorre il centocinquan­tesimo dell'Unità d’Italia. Al riguardo, i giovani tra i 18 e i 24 anni sono legger­mente più informati degli altri: potere di Internet? Forse. Però se si chiede lo­ro di esprimere un’opinione sul senso di quell’evento storico, quasi la metà è d’accordo nel ritenerlo poco o per nul­la attuale. Ancora meno sono, a diffe­renza degli adulti, i giovani che se ne sentono «coinvolti personalmente». Sono curiosamente i ventenni a mostra­re invece maggiore preoccupazione economica e ad auspicare che l’Unità venga celebrata limitando al minimo le spese. Maggior senso di responsabilità rispetto ai cittadini di età matura o mi­nore interesse? Chi può dirlo, forse semplicemente più indifferenza.

La fiducia nella scuola è scarsa (lo si sapeva), tanto che solo il 30 per cento degli italiani considera utili i «progetti didattici» sull’argomento elaborati con i professori. E uno su dieci (non è po­co), con punte più alte tra i giovani, fa­rebbe volentieri a meno di qualunque tipo di celebrazione. Le iniziative cultu­rali di largo consumo allettano più gli anziani che i giovani (quasi il 25 per cento), ai quali non dispiacerebbe affi­darsi a grandi eventi spettacolari maga­ri di richiamo internazionale (17 per cento): concerti, manifestazioni sporti­ve, feste, occasioni di incontro e di scambio. Non si parli di fiction tv (4,3), semmai di monumenti-simbolo (8,7) da lasciare in eredità ai posteri.

L'Unità d’Italia, insomma, divide in due il Paese. Non in modo cruento, ma lo divide: le giovani generazioni se ne sentono distanti e poco motivate. Non tutto, però, è perduto, almeno a giudi­care dalle interviste (disponibili su You­Tube) che il Comitato Italia 150 ha fat­to a un gruppo di studenti piemontesi delle scuole superiori, chiamati a dire la loro sul centocinquantesimo, a espri­mere consigli e auspici. Ascoltare per credere. In genere il 2011 viene percepi­to come un’occasione: per migliorare i rapporti Nord-Sud, per offrire all’este­ro un'immagine che cancelli i soliti cli­ché italioti, per migliorare l'integrazio­ne degli immigrati, per favorire gli scambi generazionali, per conoscere meglio la Costituzione, per aprirsi al­l’Europa, eccetera eccetera. In definiti­va, dal campione intervistato si coglie facilmente un'insoddisfazione diffusa per lo status quo: sul piano economico, socio politico, culturale. Tutto va bene, tranne insistere sull'esistente.

Valentina, terzo anno dell’Istituto tecnico Mossotti di Novara, si dice pre­occupata dalle differenze persistenti tra Nord e Sud e guarda all’estero: «L'Italia è un Paese conservatore, a dif­ferenza per esempio dell’Inghilterra: per noi è più difficile pensare a uno Sta­to più moderno». La sua compagna Fe­derica («L’Italia non è ancora uno Stato unico») si rammarica nel vedere il no­stro popolo sbeffeggiato all’estero, do­ve ci considerano «casinisti e rumoro­si »: «Più che l’Italia d’oggi, viene ap­prezzato il nostro passato, arte e sto­ria ». Sono loro le prime a cogliere il ba­ratro generazionale: «Gli adulti — dico­no — sono più chiusi agli stranieri, mentre noi siamo ormai quotidiana­mente abituati all’integrazione, a scuo­la abbiamo a che fare più con immigra­ti che con italiani».

Al Convitto Umberto I di Torino (li­ceo classico e scientifico) i ragazzi che rispondono sulle aspettative della ricor­renza, parlano di «nuovo inizio», come se il secolo e mezzo trascorso fosse ser­vito a ben poco e sia bene ripartire da zero. C’è chi individua nel 2011 una tap­pa importante per «ritrovare la nostra unità». Ritrovare. E i più si augurano di non rimanere emarginati dal mondo dei «grandi». Tema ricorrente: chiedo­no di venire coinvolti il più possibile. Come? Niente congressi, niente semi­nari o simposi, niente mostre storiche, niente gadget. Musica, teatro, cinema, videoclip, sport e feste, incontri che sia­no capaci di divertire e magari di acco­munare anche al di là delle frontiere: «Qualcosa che ci unisca» è l’augurio più ricorrente, «magari con scambi tra città lontane». E, perché no, aprendo anche i confini internazionali. Si passa dai piccoli eventi locali ai mega eventi nelle grandi città. La parolina «evento» è sulla bocca di (quasi) tutti. Pochi han­no voglia di tornare a riflettere sulla storia e sui personaggi-simbolo, tanto meno in sedi istituzionali: «Niente di noioso, please, e più spazio ai giova­ni ».

Altra questione, quella posta a suo tempo da Massimo d’Azeglio: fatta l’Ita­lia, bisogna ancora fare gli italiani? No­nostante l’esibita fierezza di dirsi italia­ni, le risposte riflettono i dibattiti politi­ci di questi tempi: «Finché si pensa so­lo alla propria regione, non si può par­lare di un Paese davvero unitario». Op­pure: «Le divisioni sono ancora tantis­sime ». Oppure: «Tra Nord e Sud c’è una differente concezione di nazione e di società». Oppure: «Siamo più con­centrati sugli aspetti economico-politi­ci del nostro Paese, mentre dovremmo puntare sull’orgoglio culturale che ci accomuna». Oppure: «Il senso di appar­tenenza è più regionale che naziona­le ». Oppure: «Siamo ancora pieni di pregiudizi reciproci». Dulcis in fundo: «Più che pensare all’Italia dovremmo pensare all'Europa».

Distinguere tra i luoghi comuni da talk show e le reali preoccupazioni non è facile, ma intanto i temi sono questi, c’è poco da fare, e virano sul pessimi­smo. Specie quando il tutto viene pro­iettato nel futuro, la vera inquietudine degli intervistati: la nebulosa è l’avveni­re ben più che l’interrogazione storica e lo sguardo all’indietro. Lo conferma Marina Bertiglia, ex provveditore agli Studi di Torino, che per il Comitato Ita­lia 150 è da un anno responsabile della formazione didattica e come tale si oc­cupa di elaborare i progetti scolastici in vista del 2011: «I ragazzi sono sensi­bili alla storia solo se la storia si tradu­ce in fatti concreti che abbiano effetti nell’oggi e nel domani. Rifiutano la ce­lebrazione come tale: chiedono di esse­re coinvolti emotivamente, di avere i lo­ro spazi e di capire meglio come sarà il loro futuro».

Fosse facile, verrebbe da replicare, in un Paese per vecchi, come il nostro: «Nell’ottobre 2008 — ricorda Bertiglia — abbiamo promosso un concorso per decorare la recinzione di un cantiere, chiedendo alle scuole di preparare testi o immagini sul tema 'ieri oggi doma­ni' ». Risultato? «Le immagini puntava­no sui personaggi famosi, da Mike Bon­giorno agli Agnelli, e sui prodotti del made in Italy». E i testi? «Sulla sfiducia nel presente e sull’incertezza del futu­ro ». Si può anche decidere tranquilla­mente di ignorare le insoddisfazioni, le lacune e le attese dei nostri giovani, ma in occasione del centocinquantesimo sarebbe un errore più grave del solito.

Paolo Di Stefano
10 novembre 2009

http://www.corriere.it/cronache/09_novembre_10/paolo_di_stefano_i_giovani_e_l_unita_d_italia_dimenticata_80a28ec8-cdd2-11de-9a32-00144f02aabc.shtml

Fini : Nostra bandiera è motivo d'orgoglio

Unità d’Italia – Fini : Nostra bandiera è motivo d’orgoglio

Roma, 9 nov. - (Adnkronos) - Solenne e festosa cerimonia al Convitto nazionale Vittorio Emanuele II con il presidente della Camera Gianfranco Fini che ha presenziato alla cerimonia dell'alzabandiera nel cortile del prestigioso istituto. E' stata l'occasione per il presidente della Camera per auspicare che ogni scuola italiana abbiamo modo di riflettere adeguamente sul significato del Tricolore in vista delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unita' d'Italia.

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/UNITA-DITALIA-FINI-NOSTRA-BANDIERA-E-MOTIVO-DI-ORGOGLIO-PER-OGNUNO_3971545373.html

lunedì 9 novembre 2009

Placido e la Storia sbagliata che fazio non vuol correggere

Placido e la Storia Sbagliata che Fazio non Vuole Correggere

Pagina 8 - (2 novembre 2009) - Corriere della Sera
Di Galli Della Loggia Ernesto

Sabato sera, ospite della trasmissione di Fabio Fazio «Che tempo che fa», Michele Placido, dopo aver rievocato le proprie origini lucane ha fornito la sua versione di ciò che secondo lui accadde nell' Italia meridionale nel 1860 e subito dopo. Ripeto a memoria, ma sicuro di ricordare più o meno alla lettera (del resto esiste di certo una registrazione): «Quando ci fu l' annessione arrivarono dal nord le truppe italiane... piemontesi, e cominciarono subito i massacri. Migliaia e migliaia di giovani furono messi al muro, così, e fucilati. Paesi interi distrutti: queste cose nessuno le sa ma vanno finalmente dette. Fu una strage». Altro che Unità d' Italia. Piuttosto una specie di anticipazione dell' arrivo in Bielorussia delle WaffenSS , si direbbe. Il tutto proclamato con tono ispirato, dopo essersi girato sulla poltrona verso il pubblico bue che, sollecitato dal condiscendente sorrisino del presentatore, non ha fatto mancare il suo caloroso applauso alle scempiaggini appena udite. Alla fine, però, Michele Placido non ha colpa più di tanto. Che obbligo ha, lui, infatti, di sapere, come sono andate veramente le cose? E cioè che subito dopo l' Unità ci fu nel Sud una sollevazione contadina, sobillata anche dal clero reazionario e dai borbonici, contro i «piemontesi» sì, ma anche contro tanta parte migliore della società meridionale? che, come capita sempre in queste circostanze, la ferocia fu da ambo le parti? che se i bersaglieri fucilavano, i loro avversari decapitavamo, mutilavano, castravano? Ma che ne sa Placido di tutto questo? Egli è solo uno dei tanti italiani che ha una conoscenza raffazzonata e per sentito dire della storia del suo Paese, intessuta della panzane politico-ideologiche che gli è capitato di leggere sui libri sbagliati e più probabilmente di orecchiare. La controparte meridionale della cultura del leghismo. Quello che è grave - mi verrebbe da scrivere vergognoso, ma lasciamo perdere - è che a questa ignoranza presti i suoi mezzi il servizio pubblico televisivo: «italiano», fino a prova contraria. Con i suoi presentatori non saprei dire se più ignoranti o più timorosi di opporsi, sia pure con una sola parola, ai luoghi comuni accreditati.

http://archiviostorico.corriere.it/2009/novembre/02/Placido_Storia_Sbagliata_che_Fazio_co_9_091102043.shtml

venerdì 6 novembre 2009

4 novembre e Unità Nazionale

Le manifestazioni di commemorazione
4 novembre - Unità Nazionale

Redazione, 06.11.2009

(Ariccia - Appuntamenti) - Ariccia celebra l'Unità d'Italia e rende onore ai suoi caduti domenica 8 novembre presso il monumento ai caduti. Il programma della giornata, organizzata dalla sezione ariccina dell'Associazione Combattenti e Reduci, inizia alle 9 con l'esecuzione di inni patriottici per le vie della città da parte della Banda musicale "Città di Ariccia". Alle 9:45 è previsto il raduno della cittadinanza intervenuta presso piazza San Nicola e da qui partenza del corteo verso il Parco della Rimembranza. Alle 10 alzabandiera ed esecuzione dell'Inno Nazionale a cui seguirà la deposizione di corone di alloro da parte delle autorità. Si proseguirà con la Messa al campo in suffragio dei caduti di tutte le guerre e delle vittime innocenti del terrorismo celebrata dal parroco Monsignor Aldo Anfuso. La lettura della preghiera dei caduti, poi, precederà il saluto del Presidente dei combattenti e reduci, la commemorazione tenuta dal Sindaco Emilio Cianfanelli e l'intervento del Generale Rocco Viglietta, vicepresidente dell'Associazione Nazionale Artiglieri d'Italia. Alle 11:30 è prevista la premiazione degli alunni della scuola media statale vincitori del concorso indetto dall'Associazione dei Combattenti e Reduci sul tema: "Siamo alla soglia dei 150 anni dell'Unità d'Italia, un'unità che oggi appare minata sia da esigenze particolaristiche sia dalla realtà variegata del mondo globalizzato. L'idea di nazione però andrebbe riaffermata e riscoperta dalle nuove generazioni, non solo attraverso l'appropriarsi della propria identità di popolo, ma anche attraverso la concreta applicazione di principi di accoglienza, di solidarietà e di fratellanza nei confronti di chi è diverso". Consegnati i premi via, alle 13, al tradizionale rancio sociale.

Tratto da http://www.castellinews.it

martedì 3 novembre 2009

Festa dell'Unità nazionale a Roma

La Festa dell’Unità Nazionale a Roma

03 novembre 2009

Dal 4 novembre prossimo, con la Festa dell’Unità Nazionale e La Giornata delle Forze Armate, contraddistinte dal logo che sotto le tre bandiere riporta la scritta ‘1861-2011. 150° anniversario Unità d’Italia’, prendono il via le grandi celebrazioni per l’Unità Nazionale, che proseguiranno nel 2010 con il 140° anniversario di Roma Capitale e nel 2011 con il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Le celebrazioni ufficiali avranno inizio a Roma il 4 novembre, quando alle ore 9.00, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, deporrà una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto sull’Altare della Patria al Complesso del Vittoriano.

Termineranno invece domenica 8 a Piazza del Popolo, con l’esibizione delle Frecce Tricolori, della fanfara dei bersaglieri, delle bande militari, del coro dell’Associazione Nazionale Alpini e del concerto finale del Maestro Renzo Arbore accompagnato dall’Orchestra Italiana.

Tratto da : Cut-tv in

150 anni di Unità italiana

150 anni di Unità italiana

Di : Roberto Vittucci Righini

La Storia
Il 17 marzo 1861 mancava ancora l’annessione di Roma ma venne ugualmente proclamato che l’Italia aveva cessato di essere un insieme di Stati e Staterelli per diventare finalmente una Nazione, il “Regno d’Italia”.
Prima capitale del nuovo Stato unitario fu automaticamente Torino, poi sostituita nel 1865 dalla più centrale Firenze; occorrerà quindi attendere la presa di Roma il 20 settembre 1870 con conseguente annessione dello Stato pontificio, per avervi doverosamente la sede del Sovrano e del Governo.
Detto così sembra quasi che si sia trattato di una passeggiata, di qualcosa di facile e quasi automatico, ma la storia vera e non quella da burletta propinataci a turno dai leghisti e da umoristici seguaci di separatisti liguri, napoletani e siciliani, ci insegna che dovettero trascorrere centinaia di anni con decine e decine di generazioni, prima che uomini illuminati (condottieri, statisti, combattenti ed intellettuali) riuscissero a darci la Patria Italia cacciando anche gli eserciti stranieri che ne occupavano parte per sé od a sostegno di altri, in particolare dello Stato pontificio.
Occorrerà poi ancora circa mezzo secolo prima che si potessero liberare ed annettere Trento e Trieste, completando l’unità dell’Italia con la vittoria del 4 novembre 1918.

I protagonisti
A seguire i mass media sembrerebbe che l’unità d’Italia sia stata opera dei soli Cavour e Garibaldi, con il modesto concorso di Mazzini.
Nessuno ricorda Re Vittorio Emanuele II che dopo Re Carlo Alberto alzò il Tricolore portandolo a sventolare su tutta la penisola;
nessuno - e qui è lampante la malafede di tanti pretesi storici che parlano dei 150 anni di unità italiana - riconosce e da atto che senza Casa Savoia, vale a dire la Dinastia che regnava sullo Stato Sardo-piemontese, l’Italia sarebbe probabilmente ancora oggi una accozzaglia di staterelli.
Cosa avrebbe potuto fare il Conte Camillo Benso di Cavour se non fosse stato nominato Primo ministro da Re Vittorio Emanuele II e non ne avesse assecondato la volontà di unificare la penisola, affiancando con la sua intelligenza politica la decisione ed il valore di combattente del Sovrano?

Chi si ricorderebbe più di Cavour qualora anziché nella Torino sabauda fosse nato nella Roma pontificia o nella Napoli borbonica?

A chi si sarebbe rivolto Giuseppe Garibaldi per consegnare il Meridione conquistato dalla spedizione dei Mille, con navi e armi fornite da Casa Savoia?
Forse allo spodestato Francesco II di Borbone o a Papa Benedetto IX, se non addirittura all’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe che con le proprie truppe ancora occupava le tre Venezie?
Per cosa, oltre che quale mandante di attentato alla vita di Re Carlo Alberto o membro del Triunvirato autoproclamatosi reggente della ectoplasmica Repubblica romana, potrebbe venir ricordato Giuseppe Mazzini?
E allora? Allora cerchino di essere seri e la smettano di prendere in giro gli Italiani, riconoscendo che il primo vero, autentico ed indiscutibile Padre della Patria fu Re Vittorio Emanuele II che la unificò con l’aiuto di uomini (politici e militari) da lui scelti.

Il Risorgimento
Per poter dare addosso all’unità d’Italia ed a Casa Savoia è indispensabile accusare i protagonisti del Risorgimento di misfatti e prevaricazioni e, nel contempo, tentar di glorificare i vinti che si batterono - o in molti casi meglio sarebbe dire, si arresero - contro gli uomini, che l’Italia fortemente vollero e realizzarono.
Di qui talune leggende che vorrebbero il Regno delle Due Sicilie all’avanguardia in tanti campi dall’industria (che nessuno ha mai potuto spiegare in cosa consistesse) all’agricoltura, contrapposto al Regno Sardo-piemontese indebitato e retrogrado.

Che il Regno di Sardegna avesse debiti è logico prima ancora che legittimo; le guerre per liberare l’Italia dagli interessi e dagli eserciti stranieri avevano avuto un notevole costo non solo di sangue (versato abbondantemente dagli abitanti del Nord ai quali si erano aggiunti illuminati ma non certo molto numerosi patrioti del resto d’Italia, come risulta anche da ricerche dell’Ufficio storico dell’Esercito che ha calcolato in poco più di venti i volontari del Meridione che presero parte alla Seconda Guerra di Indipendenza contro l’Austria nel 1859) ma anche di denaro uscito oltre che dalle casse del Regno sabaudo da quelle di generosi privati che avevano concorso anche economicamente all’unità nazionale.
Dall’aver debiti anche ingenti, alla pretesa che siano stati ripianati dal vuoto contenuto dei forzieri del Regno delle Due Sicilie il passo è lungo; in verità, invece, il “Regno d’Italia” si trovò indebitato oltre che dalle spese delle guerre d’indipendenza, dal disavanzo ereditato dall’amministrazione borbonica.

Debiti che, detto per inciso, vennero poi saldati e non lasciati a carico delle generazioni future, come quelli costantemente in aumento che accumulano i governi di questa repubblica.

Altra leggenda vuole che il Regno delle Due Sicilie si sia arreso a seguito del tradimento di taluni suoi generali, al quale si sarebbe contrapposto l’eroismo e la voglia di combattere delle truppe.
Da Marsala a Teano i Garibaldini non passeggiarono ma quasi, aumentando le loro file con volontari locali.

Anche il tentativo di spacciare per patrioti borbonici i briganti che taglieggiavano la oopolazione, è stato ampiamente smentito; delinquenti erano sotto i Borbone e delinquenti sono rimasti, sino alla loro eliminazione, sotto i Savoia.

Non si intende qui negare che vi siano state nel Risorgimento anche pagine negative, ma è sicuro che ogni grande impresa - e quella compiuta da Re Vittorio Emanuele II con l’unità della Patria certamente lo è stata - può presentare lati oscuri che non ne intaccano comunque minimamente il valore effettivo.

Federalismo
Se la Storia (quella vera e non già quella distorta insegnata da docenti che in buona parte la ignorano per non averla studiata nemmeno loro) ci insegna che l’Italia fu unificata dalla Monarchia e più precisamente da Casa Savoia, l’attualità ci dimostra che l’unità è messa in pericolo dalla repubblica che nel 1970 cominciò a minarla istituendo le regioni ordinarie e che ora tollera che si tenti di trasformare lo Stato Unitario in uno Stato federale.
Con precedimento inverso a quanto abitualmente avviene nella costruzione di Stati federali che si formano con l’aggregrazione di territori spinti da interessi comuni o da fattori contingenti (si pensi agli Stati Uniti d’America, alla Svizzera dei Cantoni, alla Germania dei Länder, all’Olanda dei Fiamminghi e Valloni e più recentemente alla Malesia) in Italia accantonata la provocazione leghista del separatismo (insensata e risibile anche solo nella sua enunciazione) si tende a costruire uno Stato federale per disgregazione dello Stato unitario.
Per tentar di realizzare tale deprecabile progetto i suoi fautori si muovono su due fronti: attacco all’Italia unita, a partire dal Risorgimento, ed alla sua artefice Casa Savoia, e contemporanea esaltazione (parlare di rivalutazione è chiaramente eccessivo ed antistorico) delle amministrazioni precedenti, in
particolare di quelle borboniche, absburgiche e papaline.

L’unità d’Italia comportò tra l’altro comunanza per tutti gli abitanti degli Stati che la composero, di lingua, leggi, ordinamento amministrativo, finanze, scuola, sanità, leva militare obbligatoria, moneta e via via, sino ad una Bandiera ed un inno nazionale comuni.

Abolita la leva militare obbligatoria, utile anche ad amalgamare giovani provenienti dalle diverse parti d’Italia, gli attacchi sono ora partiti contro la lingua italiana che vorrebbero sostituita o quanto meno affiancata dai dialetti locali, contro la finanza che si vuole regionale in base al principio che le regioni povere devono diventarlo sempre di più, al Tricolore, simbolo della Patria, che si vorrebbe in un con l’Inno nazionale (attualmente quello di Mameli) sostituiti da bandiere e musiche locali, ecc., ecc.
Talune di tali assurde pretese dirette a disgregare l’unità nazionale, rimarranno semplici provocazioni ma il fatto che vengano lanciate da un partito al governo le qualifica come pericolose in quanto capaci di incidere nei pensieri e nella mente dei più deboli.

L’Italia unita, voluta e realizzata da Casa Savoia, dopo 65 di repubblica seguiti agli 85 di Monarchia, presenta crepe che vanno stuccate ed eliminate; un forte collante a tal fine potranno essere le celebrazioni del 2011, che dovrebbero comprendere la tumulazione nel Pantheon in Roma dei due Re e delle due Regine d’Italia attualmente sepolti all’estero, atto doveroso verso la Dinastia di Savoia che fortemente volle, perseguì e conseguì l’unità della Patria.
Non venga persa l’occasione!
Tratto da : Italia Reale

martedì 13 ottobre 2009

Unità d'Italia - Prevalga il sentimento unitario...

UNITA' D'ITALIA:
CIAMPI, PREVALGA SENTIMENTO UNITARIO IN CELEBRAZIONI

Roma, 10 ott. (Adnkronos) - La premessa delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unita' d'Italia e' che il paese ha la sua ''base nella cultura dell'Italia e nelle sua lingua''. Per l'anniversario ci sara' ''una pluralita' di avvenimenti, di posizioni, pero' un sentimento unitario deve prevalere, deve pervadere tutte le celebrazioni che verranno fatte''. Lo dice al Gr1 l'ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, presidente del comitato dei garanti per le celebrazioni.

Agenzia Stampa Adnkronos

martedì 29 settembre 2009

Occorre ricordarsi chi sono gli Italiani

Per festeggiare i 150 anni dell'Italia bisogna ricordarsi chi sono gli italiani

Scritto da Pietro De Marco
28 settembre 2009

Le discussioni di queste settimane sull’Italia unita, condotte un poco à batons rompus, rappresentano comunque il realistico inizio di percorso verso il marzo 2011, l’inizio che ci meritiamo. Se non soddisfa la discussione sulla “utilità dell’unificazione” per questi o quegli italiani, accompagnata dal consueto cui profuit? – insomma dalla grossolana tesi della conquista liberal-monarchica dell’Italia centro-meridionale e insulare per il suo sfruttamento, tesi di cui (va ricordato, e ricorda bene la mia generazione) è stata maestra nei decenni postbellici la saggistica meridionalistica, comunque antiliberale e antirisorgimentale (poi antistato), sia comunista sia ex-azionista – fa anche sorridere sentir ripetere che fu sì creato, e positivamente, uno stato ma non una nazione, perché una nazione “la crea solo una Rivoluzione di popolo”.
Anche i cultori delle “insorgenze” coltivano questo mito e, poiché le “rivoluzioni di popolo” furono antipiemontesi, ne ricavano che il popolo rivoluzionario fu contro l’Unità. Poco utile guardare ad un secolo e mezzo, o due, di storia d’Italia con risentimenti terzomondistici (‘il Nord colonizzatore è stata la causa del nostro declino’) o con repliche (settentrionali) del genere “il fardello dell’uomo bianco”. Ma anche le nostalgie di palingenesi attesa e mancata, nel “primo” come nel “secondo” Risorgimento, non portano a niente.

Se posso proporre alla discussione alcune tesi, suggerisco le seguenti, con una premessa: l’unificazione degli stati italiani in relativo declino, rispetto allo straordinario ruolo e prestigio europeo goduto in età moderna (sia detto contro la tesi della “decadenza”), fu un atto di ragione, pensato e condotto a termine secondo il principio di realtà, tenendo conto, cioè, della nuova configurazione delle potenze europee, delle loro dimensioni e ordinamenti, insomma dei prerequisiti di esistenza e autodeterminazione di uno stato moderno. Ecco le tesi.

a. Se un’Italia culturale, quindi degli “italiani”, di spessore storico bimillenario non fossero esistiti (che è, poi, il fondamento delle rivendicazioni risorgimentali) l’unità nazionale non sarebbe stata realizzabile, anzi nemmeno pensabile. Con Aldo Schiavone, Italiani senza Italia, ma per ricavarne implicazioni diverse, sembra dunque più corretta la formula che vede la preesistenza degli italiani all’Italia (unita), rispetto alla celebre formula adespota ‘fatta l’Italia bisogna fare gli italiani’. Ma si trattava, e per molti interpreti si tratta ancora, di una Italia a più culture, a più “nazioni”; d’altronde la nazione non è solo quella nazionalisticamente costruita nell’Ottocento europeo e latinoamericano. I risorgimentali, seguiti coerentemente dalle culture liberali postunitarie e poi dalle nazionalistiche, si avvalsero dell’uomo “italiano” esistente, e legittimante l’atto unitario, ma lo vollero trasformare nell’individuo ideale, nel civis ovunque identico, dello stato-nazione. “Bisogna fare gli italiani” è, nel suo significato meno banale, un profondo errore diagnostico e prognostico. In realtà era vero, e accadde, l’inverso. Peccato che anche di questa formula (dati gli Italiani fu fatta l’Italia) si dia subito una versione deprecatoria; l’Italia “costruita” sarebbe stata un fallimento, zavorra di cui sbarazzarci.
Dagli Italiani all’Italia, ai “nuovi italiani” e/o alla “Nuova Italia”. Una contraddizione tra fatto fondante e idealità cancellanti, tipica delle borghesie liberali urbane. Una visione a mio avviso selfdefeating che estirpa il fondamento storico-culturale della stessa azione unitaria, analoga a quella che sta caratterizzando in questi decenni la “costruzione” astratta, e fallimentare, di un Europa che invece esiste già, da non annullare ma da cui (tutta) partire.

b. Di tale contraddizione è espressione conseguente, anzi esemplare e ancora cruciale, la tentata decattolicizzazione dell’Italia unita, perseguita in molti modi dalle élites liberali postunitarie che cercarono di protestantizzare gli italiani, dalle culture socialistiche e dai nazionalismi che li vollero atei o fedeli di una religione civile (progetti cui la soluzione pattizia del 1929 mise obiettivamente fine).“Fare gli italiani” ha significato, infatti, e significa per molti sottrarli alla formazione e al sentire cattolici, alla storia. Sulla storia cattolica dell’età moderna (XVI-XVII secolo) furono così proiettate le radici e le responsabilità, etiche e politiche, intellettuali e sociali, di ogni male d’Italia. Sulla scorta delle polemiche illuministiche e della controversistica protestante, di molto precedente.
La frattura tra il presente-futuro della “Nuova Italia” e il suo passato moderno (in cui, talvolta, l’eredità di De Sanctis fa includere anche la “decadenza” civile e morale del Rinascimento!), e la condanna del passato cattolico negli istituti di memoria degli Italiani, sono la rivoluzione operata dal nostro Risorgimento. Se il Risorgimento fu una “rivoluzione mancata”, o al massimo una rivoluzione (con deliberato ossimoro) moderata, questa alterazione eversiva della memoria culturale, essenziale all’identità comune e al comune sentire della Patria, vi fu certamente.

c. Prima delle “due Nazioni” generate dalla guerra civile del secondo Risorgimento vi è, dunque, la frattura sprezzante, e l’incomunicabilità, tra due narrazioni identitarie, quella della continuità civile e cattolica delle singole “nazioni” italiane preunitarie, persistente nell’opposizione cattolica dell’Italia unita, e quella della discontinuità proclamata dalle élites del nuovo Stato-Nazione, che si alimentavano di una volontà pura di Nation building. O meglio: la narrazione della discontinuità salva la continuità della Nuova Italia con la sola memoria di ogni minoranza eretica, di ogni vittima dei poteri politici e religiosi preunitari.
Ma anche questa narrazione, di nuovo presente nella reviviscenza di studi e polemiche sugli eretici italiani del Cinquecento (che siano loro “la migliore cultura italiana che trovava ospitalità fuori d’Italia” evocata da Prosperi tempo fa?) o sul caso Galileo, appartiene alla storia della volontà decattolicizzante delle élites laiche; perché non è certo sull’eredità “eretica” dei Sozzini o del Renato, di Savonarola o di Galileo, che si costruiscono gli istituti di uno stato moderno. Ma vi si definiscono degli istituti di memoria, come io li chiamo, con exempla che dovrebbero polarizzare il sentire comune, e fondare l’amor di Patria.

Finché questa pretesa, e utopia dualistica, di “nuova nascita”, di reformatio (la “riforma intellettuale e morale”), non verranno autocriticamente accantonate (anche nelle loro versioni moderate, subìte dal cattolicesimo liberale), è mia pertinace convinzione che la dominante discontinuista della nostra memoria identitaria, così contraria ai fatti (come armonizzare la deprecazione dell’età moderna, controriformistica e barocca, col mirabile arredo urbano, sacro e civile, dei centri storici, scenario dei nostri passi quotidiani?), farà avvertire estrinseca e inerte, impolitica, ogni celebrazione dell’Unità e dei Risorgimenti.

http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=26134&Itemid=29

giovedì 17 settembre 2009

Bibliografia

Bibliografia

Amici della corona ferrea - Relazioni sulla sommossa di Milano 6-9 maggio 1898 pp 44
Antonio Spinosa - Vittorio Emanuele III (L’astuzia di un Re) - Mondadori pp 464
Arthur M. Schesinger JR - L’eta di Roosvelt - Soc. Editrice il Mulino pp 444
Ass.Gioventù Piemonteisa - Annales Sabaudiae Vol.1 pp 123
Bertoldi Silvio
- Aosta, gli Altri Savoia - Rizzoli pp 291
- Il Regno del Sud - Rizzoli pp 259
Borghese Principe Valerio - Decima Flottiglia Mas - Garzanti pp 375
Cappellano E. e Pignate N. - Il Regio Esercito all’8 settembre 1943 - Storia Militare pp 112
Caruso Alfio - In cerca di una Patria - Longanesi pp 296
Cesare Abba Giuseppe - Da Quarto al Volturno - Mondadori pp 190
De Brosses - Viaggio in Italia (1739 - 1740) Editori Laterza pp 764
De Simone Cesare - L’Isonzo mormorava - Mursia pp 320
Di Savoia Maria Gabriella - Casa Savoia, Storia di una Monarcia (fotografico) - Mondadori pp 191
Fenoglio Alberto - L’Assedio di Torino 1706 e Pietro Micca - Piemonte in Bancarella pp 317
Fiorentino Waldimaro
- Chissà perché Degasperi Si e Umberto di Savoia No - E.d. Catinaccio pp 83
- Italia, Patria di Scienziati Vol.1 Ed. Catinaccio pp 431
- Tra federalismo e decentramento - Ed. Catinaccio pp260
Gabanizza Lorenzo - Corona oggi - Aletti Editore pp 142
Gasparetto Pier Francesco - Vittorio Emanuele II - Rusconi pp 242
Giovanni Artieri - Quaran’anni di repubblica - Ed. Mondadori pp 295
Giusti Corrado - Il Ref.Istituzionale del 2-3/6/46 - Athenaenm pp 101
Granellini Fabio - Storia della Guerra Italo Turca 1911-12 - Aquada Editore pp 227
Ilari, Crociati e Paoletti - La guerra delle Alpi (1792-1796) - Stato Maggiore Esercito pp 379
Lumbroso G. - I moti popolari contro i francesi alla fine del secolo XVIII - Edizioni M. Minchella pp 223
Malnati Franco
- Dalle Corone al Caos - Ed. Bastogi pp 256
- La grande Frode - Ed. Bastoni pp 444
Mayda Giuseppe - Il Processo al III Reich, Norimberga - Mursia pp 290
Massignani Alessandro - Rommel in Africa - Mursia pp 232
Mormorio Diego - Il Risorgimento 1848 / 1870 (fotografico) - Editori Riuniti pp 180
Oliviero Marco - Battaglia di Orbassano 1693 - La Rocca Grafica pp 87
Pansa Gianpaolo - Il sangue dei vinti - Mondadori pp 381
Pezzana Aldo - Gli Uomini del Re - Ed. Bastoni pp 164
Piero Pan Gianni - Ortigara 1917 - Mursia pp387
Rebuffa Giorgio - Lo Statuto Albertino Il - Mulino Editore pp 173
Ricchezza Antonio - Campagna di Russia Vol. 1 e 2 - Longanesi pp 218
Rommel Erwin (Mini Fabio ) - Fanteria all’Attacco - Santor pp 420
Scala Edoardo - La guerra del 1866 e altri Scritti - Stato Maggiore Esercito pp 340
Sogno Edgardo e Cazzullo Aldo - Dalla resistenza al Golpe Bianco - Mondatori pp 177
Speroni Gigi
- Amedeo di Savoia Duca d’Aosta (La resa dell’Amba Alagi) - Rusconi Editore pp 228
- In nome del Re - Rusconi Editore pp 169
- Umberto II - Rusconi pp 369

ITALIA 150 : Bondi mira a Tv e Scuole

ITALIA 150 : Bondi mira a Tv e Scuole
Il Piano proposto ai garanti
(di Silvia Lambertucci)

(ANSA) - ROMA, 16 SET - La realizzazione delle 11 grandi opere approvate già nel 2006 dal Comitato dei Garanti e per le quali restano da stanziare 106 milioni di euro, certo. Ma anche iniziative “di carattere culturale” puntate a coinvolgere innanzitutto la scuola, dalle mostre alle letture dedicate ai padri della patria, fino alla creazione di cori scolastici da impegnare con l'esecuzione di brani d'opera e canti popolari.

E' variamente articolato, ma molto puntato sulla cultura e sulla storia con un forte coinvolgimento della tv (tra le proposte anche un "Tg del risorgimento" (per raccontare come se fosse un Tg dell 20 le giornate più memorabili della battaglia per l'Unità d'italia) e degli altri mezzi di comunicazione e largo spazio al web il piano di massima per le celebrazioni dei 150 anni d'Italia presentato oggi dal ministro dei beni culturali al Comitato dei Garanti. Dieci pagine con "proposte di interventi" che ora dovranno essere esaminate nel dettaglio dai saggi coordinati dal presidente emerito della Repubblica Ciampi, ma che già oggi hanno ricevuto un primo consenso. Presentato qualche giorno fa al Consiglio dei ministri e al Presidente della repubblica Giorgio Napolitano, dopo settimane di polemiche e roventi discussioni estive, il piano di Bondi è articolato in 5 capitoli. Con un obiettivo di fondo, spiega il ministro in una introduzione dedicata al significato dell'anniversario, quello di "valorizzare l'Italia delle città e delle regioni, dare valore alle differenze in chiave federale", "nel rigoroso rispetto dell'unità e dell'autorità dello Stato nazionale". "Fin dall'anniversario del 1911 - scrive Bondi - si è sempre pensato alle molte Italie, perché la caratteristica principale del nostro Paese, dell'Italia, è di avere storie diverse. E sono queste storie che hanno prodotto il patrimonio culturale di cui l'Italia è orgogliosa. E' su questa base che ho lavorato alle mie proposte".
1) INIZIATIVE CULTURALI: "potranno essere programmati una serie di convegni dedicati alla valorizzazione delle molte anime del Risorgimento nell'arco 1820- 1861" ipotizza Bondi. Che poi elenca una serie di proposte, dalle "Letture dedicate ai Padri della Patria", che dovrebbero essere organizzate da istituti storici insieme all'Accademia dei Lincei, una mostra sulle regioni, un approfondimento per il Mezzogiorno nella storia d'Italia; la valorizzazione di mille "luoghi della memoria", un'Antologia degli Statuti comunali; un Censimento dei dizionari dialettali; una Banca dati delle lapidi commemorative, una rete on line per i Musei civici, un Centro studi per le catastrofi naturali all'Aquila. Diverse le iniziative rivolte ai giovani: dalla realizzazione di un Portale Telematico, Concorsi, una "biblioteca delle idee" da realizzare sul web. Tra le ipotesi, quella fare a Torino la cerimonia di apertura dell'anno scolastico nel settembre 2010 o 2011, collegando l'evento ad una serie di iniziative regionali da realizzarsi nei due anni. Tra le idee per le scuole anche la creazione di cori: "Accanto alle musiche a libera scelta - scrive Bondi - potrebbero trovare posto i cori d'opera e i canti popolari di 150 anni di storia. Iniziativa che potrebbe essere preceduta e/o affiancata dalla realizzazione di un dvd sulla Storia d'italia attraverso le canzoni con una serie di concerti nelle principali città ".
2) CERIMONIE PUBBLICHE: d'accordo con il ministero dell'interno, Bondi prevede la costituzione di comitati provinciali nelle prefetture per valutare le iniziative locali. A livello nazionale, tra le altre la manifestazione di apertura, a marzo 2011 all'Altare della Patria, e quella di chiusura, sempre all'Altare della Patria nell'ottobre novemreb 2011.
3) INIZIATIVE SU TV, GIORNALI E MEDIA Anche in questo capitolo le proposte sono tantissime, da una serie di appuntamenti di La Storia siamo noi, a un Tg del risorgimento, fiction Rai, film da programmare sulle reti generaliste, una Maratona per l'Italia sul modello di Telethon, una serie di concerti dedicati, un concerto con Arbore e la sua orchestra, puntate tv dedicate ai libri che hanno fatto la storia, un gioco a premi sulla lingua italiana, l'alfabeto dell'Unità d'italia, nonche 20 dvd da allegare a un quotidiano per raccontare i momenti più importanti dei 150 anni.
4) INIZIATIVE SPORTIVE: manifestazioni a livello nazionale che potrebbero essere organizzate di concerto con il Coni e il sottosegretario allo sport
5) OPERE PUBBLICHE: Bondi sottolinea che le 11 opere individuate dal 2006 saranno tutte realizzate. Non così, propone, per le altre 21 che vennero aggiunte sempre con il governo Prodi perché servirebbero 'centinaia di milioni di euro' e non si farebbe in tempo entro il 2011. E a questo proposito propone che il Cdm si riunisca per valutare e decidere.(ANSA).

http://www.regione.vda.it/notizieansa/details_i.asp?id=73440

150 anni Unità d'Italia : Presegue il lavoro della "squadra"

150 anni Unità d’Italia: Prosegue il lavoro della “squadra”
di Mariangela - 16 settembre 2009

Prosegue il lavoro della “squadra” torinese incaricata di organizzare gli eventi in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia. Questa mattina Antonio Saitta, presidente del comitato Italia 150 di Torino, ha partecipato a Roma alla riunione del Comitato dei Garanti, presieduto dal Presidente Emerito Carlo Azeglio Ciampi. Al termine dell’incontro il ministro per i Beni e le attività culturali Sandro Bondi ha annunciato che le celebrazioni si apriranno nel capoluogo piemontese con l’inizio dell’anno scolastico 2010/2011, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Bondi ha confermato inoltre il ruolo centrale di Torino e la qualifica di mostre nazionali alle due principali mostre: quella sulla storia dell’identità italiana (intitolata “Fare gli italiani” e curata da Walter Barberis e Giovanni De Luna) e quella sull’arte e il paesaggio (curata da Antonio Paolucci e collocata nella Reggia di Venaria Reale).

http://www.zipnews.it/2009/09/150-anni-unita-ditalia-presidente-napolitano-a-torino/

mercoledì 16 settembre 2009

Il Punto di vista di chi ...l’Italia l’ha fatta !

Estratto dell’intervista a SAR il Principe Emanuele Filiberto di Savoia
apparsa su “Libero” del 23 Agosto 2009

di Annamaria Piacentini

Principe, Casa Savoia ha realizzato l’Unità d’Italia ponendosi a capo del Risorgimento nazionale arrivando nel 1861 alla proclamazione del Regno d’Italia con Re Vittorio Emanuele II. Cosa prova nel vedere la bagarre degli ultimi giorni relativa al 150° Anniversario dell’Unità d’Italia che si celebrerà nel 2011?

Vuole la verità? Sono sbalordito! E’ inaccettabile che la Lega continui con questa dialettica arrogante e violenta contro i simboli dell’Unità Nazionale. Bossi, Calderoli, Gobbo, Stiffoni stanno quotidianamente gettando fango: prima sul Tricolore, poi sulla lingua italiana, sull’inno di Mameli, e adesso anche sui festeggiamenti del 2011. Devo dire che ho molto apprezzato gli interventi in difesa delle celebrazioni espressi dal Presidente Napolitano, dal Ministro La Russa e dal Presidente Fini.

Da dove nasce secondo Lei tutta questa acrimonia verso la Patria Unita?

Vede, dopo il 1946 si è voluto demonizzare Casa Savoia in tutti i modi, facendolo non ci si è resi conto che si stavano pian piano minando le fondamenta stesse dell’Italia. C’è stato un processo di “deculturizzazione nazionale” sui temi Risorgimentali e dei Valori della Patria. Ecco il risultato: l’Italia alle soglie del 2011 è spezzata a metà: al Nord con la Lega e al Sud con il Partito del Sud. Invece di insegnare il dialetto dovremmo ritornare a studiare i Valori dell’Unità d’Italia che sono il nostro punto di forza a livello internazionale. Un Paese Unico con tante tradizioni regionali e culturali che ne fanno un mosaico irripetibile e meraviglioso!

Sia la Lega Nord che l’MPA continuano a dire che l’Unità d’Italia fu un processo forzato e che ha portato all’indebolimento delle regioni a favore del centralismo. E’ così?

Forse Bossi e Lombardo non ricordano la fortissima spinta unitaria del Risorgimento. Quasi tutti gli stati preunitari erano sottoposti a dominazioni straniere e tutti erano privi di potere nello scacchiere internazionale. Già dopo trent’anni dall’Unificazione l’Italia era considerata una delle grandi potenze mondiali. Il suo sviluppo fu tre volte quello degli altri paesi europei e questo grazie al fatto che tutti lavoravano per un ideale comune con dei Valori forti e chiari.

Però è vero che le regioni settentrionali hanno per troppi anni sostenuto gli sprechi a scapito del loro sviluppo.

Ma questo non è un problema sorto durante il Regno d’Italia che era all’avanguardia con il sistema del Decentramento Locale. Le cose sono cambiate nel 1974, in piena repubblica, con la soppressione del Regio Decreto che sanciva il «Testo unico per la finanza locale» con cui si lasciava a Comuni e Province l’autonomia impositiva cardine di un effettivo decentramento. In pratica, grazie al buonsenso di Casa Savoia fino al 1974 Comuni e Province gestivano autonomamente gran parte del gettito fiscale trattenendone la maggior parte per le necessità di gestione del territorio.

Ritiene vi sia un secondo fine rispetto alle posizioni sempre più polemiche della Lega Nord?

Ne sono certo. La Lega Nord punta alla secessione. Nel 2010 si terranno le elezioni regionali in quasi tutte le Regioni del Nord, se la Lega riuscirà ad imporsi su Berlusconi potrebbe facilmente raggiungere il controllo del Nord Italia con conseguenze estreme sia per il Governo sia per l’Italia tutta.

A suo avviso come dovrebbero essere celebrati i 150 Anni dall’Unità d’Italia?

Ieri il direttore Belpietro ha centrato il punto. Non possiamo pensare che le azioni per celebrare questo anniversario si traducano in un investimento nella creazione di infrastrutture in giro per il Paese in un momento in cui ci sono cose più urgenti come la ricostruzione in Abruzzo. Dovrebbe invece esserci un vero calendario di eventi di richiamo mondiale. Pensi a quello che hanno organizzato in Gran Bretagna con il Giubileo D’oro della Regina Elisabetta. Un intero anno di eventi straordinari, pacchetti turistici, musei e mostre dedicate all’avvenimento. Tutte cose che, oltre ad aver ancor più coeso i Britannici, hanno permesso un fortissimo incremento del turismo e del commercio. I politici non hanno capito che questo Anniversario è un’opportunità unica di rilancio dell’immagine italiana a livello mondiale!

Prima di salutarla vorrei farle una domanda provocatoria, lei fa parte del Comitato per le Celebrazioni?

Casa Savoia è stata esclusa da queste celebrazioni. Nonostante questo abbiamo realizzato un’importante mostra itinerante dedicata proprio all’Unità d’Italia e a Casa Savoia. E’ stata inaugurata a Cortina d’Ampezzo a Luglio ed è un grandissimo successo, sarà nelle maggiori città per giungere a Roma nel 2011. A leggere i commenti dei visitatori nel registro della Mostra c’è da chiedersi se Bossi e Lombardo vivano in Italia o in un altro Paese. Sono tutti commenti carichi di amor di Patria, quell’amore che purtroppo molti politici non conoscono! Vorrei anche sollecitare il Governo a consentire la tumulazione al Pantheon dei Re e delle Regine d’Italia ancora sepolti all’estero. Sarebbe un bel modo affinchè nel 2011 si ricomponga anche questa frattura.

Tratta da http://www.emanuelefiliberto.eu/

Unità d’Italia, Craveri: Opporsi a mia nomina rasenta fanatismo

Craveri: Opporsi alla mia nomina rasenta il fanatismo

Roma, 14 set (Velino) - Una polemica talmente assurda “che sarebbe da prendere a schiaffoni” chi seguita ad alimentarla. Nell’acceso confronto sulle nuove nomine dei consulenti scientifici del ministero dei Beni culturali nel Comitato Italia 150, l’organismo che si occupa in ambito piemontese delle celebrazioni per l’anniversario dell’unità d’Italia, prende la parola uno dei diretti interessati. Piero Craveri, preside della facoltà di Lettere dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, si difende e passa al contrattacco dopo che intorno al suo nome è scoppiata una contesa con protagonisti da un lato la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, contraria all’ingresso di nuove figure nel Comitato e dall’altro il Mibac che difende l’inserimento di Craveri. “Mi stupisce soprattutto la Bresso – si sfoga Craveri con il VELINO -. Capisco che andiamo verso le urne, ma si può fare campagna elettorale sulle celebrazioni dell’unità d’Italia, operando a priori e pretestuosamente delle rotture su questo tema? Mi sembra un’operazione da bambini”.

Ad accendere la miccia un’intervista della Bresso, giovedì scorso sulla Stampa, nella quale la presidente contestava l’ingresso di Craveri ed Enzo Biffi Gentili come consulenti scientifici del Mibac nel Comitato Italia 150. Nessuna obiezione sui due studiosi, “persone stimabili” ha puntualizzato la Bresso, la quale però ha paventato una frenata se non addirittura una messa in discussione dei programmi celebrativi pianificati fino a oggi dal Comitato diretto da Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino. Alla Bresso ha quindi risposto il senatore Enzo Ghigo, coordinatore regionale Pdl, che assieme ad Alain Elkann e Fulvio Basteris rappresenta il Mibac all’interno del Comitato Italia 150. Ghigo, promotore del coinvolgimento di Craveri e Biffi Gentili nel Comitato, ha attaccato la Bresso e i suoi “spalleggiatori”, in particolare lo storico Giovanni De Luna e l’assessore alla Cultura della Regione Piemonte, Gianni Oliva, definendoli “espressione di una sinistra torinese arrogante che si oppone a una lettura pluralista della storia”. Oggi è intervenuto anche il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, il quale si è detto stupito della diffidenza mostrata “verso un illustre studioso come il professore Craveri” che “non appartiene ad alcuno schieramento politico ed è uno dei più insigni studiosi”.

Craveri, proposto in particolare come consulente della grande mostra storica “Fare gli italiani”, precisa la propria opinione sulla vicenda. “A parte il fatto che non sono stato ancora nominato, comunque ho dato la mia disponibilità e mi ritengo ingaggiato – spiega lo storico, nipote di Benedetto Croce -. Chi fa storie sulle mia nomina si trincera dietro al fatto che ci sia già un progetto. Ma cosa è il progetto di una mostra? È come la bozza di una sceneggiatura. Tra persone del mestiere la si guarda, la si legge assieme, ci si confronta, ci si mette d’accordo o si resta in disaccordo nel giro di una settimana”. Quindi passa all’attacco con dei doverosi distinguo. “La vicenda è stata montata soprattutto dalla Bresso, dietro alla quale immagino ci sia l’altro curatore della mostra, lo storico Giovanni De Luna – dichiara Craveri -. Posizioni che rasentano il fanatismo, che provengono da un segmento della cultura torinese e che si rifrangono nella presidente della Regione che ha la debolezza di raccogliere la motivazione senza rifletterci sopra. Fortunatamente non tutti la pensano allo stesso modo. Tiro fuori da questa vicenda il professor Walter Barberis di cui ho molta stima e anche il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che ha assunto una posizione conciliante e non si è allineato, confermandosi persona seria e degna”.

Bondi ha parlato di diffidenza nei confronti di Craveri. “Non so se si tratta di questo – commenta lo storico -. Posso solo dire che ho scritto dei libri, sono conosciuto, sanno come la penso, rappresento un’opinione storiografica consolidata e non sono un estremista. Non capisco perché si debba essere diffidenti con me che non faccio polemiche”. Se venerdì prossimo venisse ufficializzato l’ingresso di Craveri, che clima si respirerebbe all’interno del Comitato Italia 150? “Io non faccio polemiche e credo che tutto si possa aggiustare – risponde lo storico -. Se poi c’è da fare la guerra, posso assicurare che non sarò l’ultimo arrivato su questo piano. Sarò pronto a dare battaglia”.

Da Il Velino – 14.09.2009
http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=942577

venerdì 11 settembre 2009

Unità d'Italia, Ghigo : "Bresso arrogante come la sinistra torinese"

Unità d’Italia, Ghigo: "Bresso arrogante come sinistra torinese"

Roma, 10 set (Velino) - Scintille in Piemonte intorno le celebrazioni per il 150esimo dell’Unità d’Italia. Il senatore Enzo Ghigo, coordinatore regionale Pdl, non ci sta e passa al contrattacco nei confronti della presidente della Regione, Mercedes Bresso, “esponente di un certo tipo di sinistra scomparsa ovunque in Italia meno che a Torino”. A dare fuoco alle polveri un’intervista della Bresso apparsa oggi sulla Stampa nella quale la presidente contesta l’ingresso di Piero Craveri ed Enzo Biffi Gentili come consulenti scientifici del ministero dei Beni culturali nel Comitato Italia 150, l’organismo che si occupa in ambito piemontese delle celebrazioni per l’anniversario del 2011. Nessuna obiezione sui due studiosi, “persone stimabili” ha puntualizzato la Bresso, che teme però un rallentamento se non addirittura una messa in discussione dei programmi celebrativi fino a questo momento pianificati dal Comitato attualmente diretto da Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino. Non si è fatta attendere la risposta di Ghigo, che assieme ad Alain Elkann e Fulvio Basteris rappresenta il Mibac all’interno del Comitato Italia 150.

“La Bresso – dichiara al VELINO Ghigo –, spalleggiata dallo storico Giovanni De Luna e dall’assessore alla Cultura della Regione Piemonte, Gianni Oliva, mostra la propria arroganza culturale rifiutando il contributo di un accademico come Craveri, studioso che ha tutti i titoli per far parte del gruppo dei consulenti del Comitato Italia 150. Mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sottolinea quasi quotidianamente la necessità di una concordia e di una condivisione della storia del nostro Paese, a Torino la sinistra è ancora impersonata dal terzetto Bresso-De Luna-Oliva”. Ghigo è stato il promotore della proposta del coinvolgimento di Craveri e Biffi Gentili nel Comitato. “Sono due nomine assolutamente condivise dal Mibac perché le ho segnalate io al ministro Bondi – spiega il senatore -. Il nome di Craveri è stato fatto assieme al senatore Gaetano Quagliariello, mentre quello di Biffi Gentili è una proposta che ho fatto direttamente io al ministero”. Tra gli eventi celebrativi previsti a Torino, l’allestimento di due grandi mostre: una dedicata all’identità nazionale dal titolo “Fare gli Italiani”, l’altra relativa al mondo lavoro.

“Nell’ambito di un board di accademici che costituiranno l’architettura portante della mostra ‘Fare gli Italiani’ – continua Ghigo – abbiamo ritenuto che ci fosse bisogno di una voce come quella del professor Craveri. Non so come si faccia a pretendere che da un lato il Mibac dia avvallo e dignità nazionale a un’iniziativa assunta da un Comitato locale come il nostro e poi quando il ministero propone il nome di un accademico la sinistra torinese sollevi storie e si risenta. Comunque non mi stupisco: la Bresso è abbonata alle polemiche con Bondi. Nell’interesse del Piemonte è giusto far valere le proprie ragioni nei confronti il Mibac, però credo che la concordia e i rapporti istituzionali non debbano giungere a un livello di tensione come quello che la Bresso pare voglia perseguire. Anche perché il Piemonte, come tutte le altre regioni italiane, ha bisogno del ministero dei Beni culturali”.

Ghigo rimanda al mittente il timore paventato dalla Bresso che possano essere rimessi in discussione i programmi e i lavori stilati fino adesso dal Comitato Italia 150. “Tutte scuse – taglia corto il senatore - . È un falso problema che non corrisponde a verità. Ma quali progetti avanzati! La mostra dedicata al lavoro, dove dobbiamo pensato di inserire Enzo Biffi Gentili, è ancora a zero, non è neppure iniziata. Il fatto che non abbia neppure un titolo testimonia quanto sia arretrato il progetto”. E riguardo la mostra “Fare gli Italiani”, Ghigo ribadisce che non c’è alcuna intenzione revisionistica. “Abbiamo proposto Craveri – spiega -, senza pensare di voler rivisitare la storia o imporre alcunché. La nostra intenzione è semplicemente quella di dare all’evento una visione più plurale. Si tratta di semplice confronto di idee. Il consulente De Luna, da storico, fornisce delle determinate letture, noi riteniamo invece che si debba trovare un punto di sintesi. Del resto questa è la linea di figure come Violante, Pansa e dello stesso capo dello Stato. Solo a Torino la sinistra non lo ha ancora capito. Per fortuna non tutti la pensano così. La Resistenza è un valore condiviso da tutti, questo oramai è appurato. Invece con gli atteggiamenti assunti dalla Bresso e dai suoi ispiratori non si va da nessuna parte”.

Il Comitato Italia 150 si riunirà la prossima settimana e prenderà una decisone sull’inserimento o meno dei due nuovi consulenti. “Ho già fatto al presidente Saitta una richiesta ufficiale per inserire Craveri – precisa Ghigo -. Non l’ho ancora avanzata per Biffi Gentili perché come ho detto prima il progetto della mostra sul lavoro non è ancora partito. Quando si muoverà, farò richiesta anche per Biffi Gentili. Comunque gli stessi membri del Comitato sapevano di questi nomi da almeno sei mesi. Non è una cosa nuova. Ripeto: è tutta una polemica che la Bresso vuole fare. Problemi suoi”.

10.09.2009

http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=939871

La Destra, Gioventù Italiana: "Cuneo è Italia"

La Destra, Gioventù Italiana: "Cuneo è Italia"

10 Settembre 2009

Facciano pure le feste dei popoli padani, diano pure un voto di convenienza e di protesta alla Lega Nord (partito di governo a Roma e di opposizione allo stesso tempo, come ha fatto scuola anni fa il partito socialista per avere più potere), ma la provincia di Cuneo è Italia. Il Risorgimento, la 1a e la 2a Guerra mondiale, mettiamoci pure la resistenza ai nazisti, la vittoria della Monarchia sulla Repubblica, il senso del dovere, il mito degli Alpini e della Patria, fanno di Cuneo un simbolo dell’Italia da sempre, checché ne dicano Bossi e i suoi padani. Sempre viva l’Italia unita, sempre Viva l’Inno di Mameli.

La Destra Gioventù italiana

dal Sito Targatocn.it

L'antidoto ai rischi di sfaldamento

L’antidoto ai rischi di sfaldamento
La Monarchia ed il pensiero monarchico.


Citiamo ancora un uomo importante. Fu presidente del Consiglio in un periodo d’oro dell’Italia : Francesco Crispi. Questi in una corrispondenza con Giuseppe Mazzini scrisse : “…la repubblica ci divide, la Monarchia ci unisce” …era il 1865, …mi sembra una frase azzeccata e quanto mai valida !

Ma cos’è, e in cosa si identifica una Monarchia
L' Istituzione Monarchica si fonda e si regge innanzitutto sull' adesione a comuni valori che legano un Popolo al suo Re .
Il Re non si sceglie, come un figlio non sceglie il proprio padre, ma trae legittimità dalla sua Storia che è la Storia di un Popolo.
Tornando ad avere - noi popolo - una storia condivisa e personificata nella figura del Sovrano, potremmo riacquistare l’orgoglio d’essere italiani e scongiurare il disfacimento di questo Paese.

La Monarchia inoltre, al contrario della repubblica è autenticamente “popolare”

In Valle d’Aosta si usava dire che “Dove vi è il Re vi è la Patria”, dove la Patria si identifica nel Re e viceversa, diventando un unico simbolo !

Sbaglia chi crede che la Monarchia sia un sistema istituzionale basato sul privilegio di una classe (quella aristocratica).
Casa Savoia peraltro, non ha mai fatto preferenze in tal senso, ma ha sempre tenuto in debito conto la meritocrazia. Non sono chiacchere !

Con R.P. del 28 maggio 1831, soppresse le franchigie di cui godevano i componenti della Famiglia reale, della Corte, e delle alte cariche dello Stato, primo esempio al mondo dell’eguaglianza effettiva di tutti i cittadini dinanzi al fisco.

Con Regio Editto del 18 agosto 1831, istituì il Consiglio di Stato per le province della terraferma e lo aprì, non soltanto ai rappresentanti del ceto aristocratico, ma anche a “persone di palese merito, …. Dedite ad abituali studi delle scienze politiche, commendevoli per lunghi ed importanti servizi e cognite per l’amore al pubblico bene. Noi vogliamo perciò essere assistiti costantemente da essi e profittare de’ loro lumi e della loro esperienza…”

Il popolo questo l’aveva ben capito, e infatti fu proprio l’Aristocrazia, ad abbandonare la Monarchia al suo destino nel 1946, mentre il popolo si fece sparare addosso per difenderla - la Monarchia - dalla frode che si era compiuta (Via Medina a Napoli)

Come possiamo spiegare questo attaccamento popolare ai propri Sovrani in tutto il mondo “libero” ?

Lo si può spiegare, perché il ruolo di rappresentanza e arbitrato che la Monarchia esercita è pienamente legittimato e riconosciuto dal popolo stesso al di sopra della politica, e quindi delle parti a garanzia di uno Statuto o Costituzione, e sancisce e difende il diritto e le libertà di tutti.
Chiaramente parliamo di un popolo che gode di una onesta informazione !

Possiamo tornare alla Monarchia oggi ? E’ utopia, ...la risposta è no, fintanto che l’informazione resta falsa e contribuisce alla non conoscenza come abbiamo visto.
L’ultimo esempio…
Tornare alla monarchia (Utopia e sondaggio scomparso !)
3 marzo 2009 sul sito www.lastampa.it
Da una lettera di un lettore a “La Stampa” leggiamo nella rubrica dedicata :

"Perché non si ripristina la monarchia? Ci fu sull’argomento un referendum che vide vincere la Repubblica. Ma anche sul nucleare ci fu un referendum che vide vincere i contrari e perché allora si pensa di costruire nuove centrali ?
PS: la battuta secondo me è della Littizzetto"

A seguito di questa “apertura” si potevano leggere alcuni commenti di lettori.
8 o 10 commenti, tutti a carattere negativo e fortemente faziosi (alcuni volgari anche e senza il minimo valore storico o politico) contro questa proposta.
Sono bastati 5 interventi mirati (uno mio) e altri 4 di amici chiamati in causa, per veder in due tempi, prima bloccare l’immissione di nuove opinioni e poi cancellare tutto.
Digitando l’indirizzo web relativo all’argomento, comparve prima la scritta “chiuso per manutenzione” e di li a poco “indirizzo non presente sul Web”

Torniamo all’Utopia… siamo nel 2009, ed in un Paese che si dice libero e democratico come il nostro, esiste ancora la CENSURA quindi, ma solo nei confronti della Storia e della Monarchia !

Questo caso eclatante, non è l’unico.
I casi più pericolosi di censura passano spesso inosservati perchè sono sapientemente messi in opera in modo subdolo. Sono spesso così banali, che sono diventati abitudine anche per i cittadini comuni, che li ripetono come pappagallini...

Dovrebbe a questo punto risultare evidente quindi che la Monarchia è preferibile alla repubblica visto che per i pseudo intellettuali, sociologhi e politici odierni, censurare i commenti positivi della gente e un riflesso condizionato …quasi, così come scriverne il nome con la minuscola in contrasto con la parola repubblica che viene scritta sempre con la maiuscola.
Si tratta – ricordiamolo – di due forme istituzionali che all’estero godono di pari dignità, quindi o si scrivono ambedue con l’iniziale minuscola, o come dovuto e prescritto dalla grammatica italiana ambedue con l’iniziale maiuscola.

Fate caso sui giornali a come vengono scritte le parole "Re" (Sovrano) e "Presidente" quando si parla di Juan Carlos o di Napolitano ad esempio...

Termino questa l’esposizione, sperando di avervi fornito su questo specifico Blog, sufficienti spunti ed argomenti storici per fare autonomamente delle riflessioni e dei confronti. I prossimi mesi saranno ricchi di sorprese e di conferme sicuramente !

Ovviamente, motivazioni ed opinioni sulle ragioni oggettive della superiorità dell'istituzione monarchica vanno individuate da ognuno di noi osservando criticamente il mondo che ci ruota attorno, da oriente a occidente, da sud a nord, non solo nella libera e democratica Europa, ma anche e soprattutto guardando oggi al medio Oriente ed al Mondo Arabo in Generale !


I rischi per i Cittadini

I rischi per i cittadini
La politica della nuova classe dirigente del dopoguerra

A chi serve una società demotivata, senz’anima e senza storia ?
Quali sono i bisogni della politica oggi ?
Non certo la ricerca del benessere disinteressato dei cittadini e del nostro Paese. Questo l’abbiamo ormai capito !
Come abbiamo appreso anche da firme autorevoli (Sergio Romano ed Oriana Fallaci), il bisogno principale della politica oggi è il caos.
Dal caos e dal disinteresse generale la nuova classe dirigente affermatasi grazie alla repubblica ha potuto e continua a poter attuare la spartizione del potere e del denaro.

Per fare ciò, si è provveduto negli anni a spezzare i legami ed i confronti tra cittadini ed istituzioni, cancellando i valori ed i punti di riferimento del passato.
Come abbiamo già scritto, senza conoscere la propria storia, la gente non ha il metro, per misurare ciò che gli succede intorno !

Lo stato dell’arte della confusione è ben rappresentato dall’Opera “La Casta” di Gian Antonio Stella. Questo, è un libro che molti Italiani hanno letto, ed in esso i fatti ed i tempi sono magistralmente individuati, ma al lettore, essendo privo di punti di riferimento, servirebbe che l’autore indicasse le cause, fornisse dei confronti, dei valori o punti di riferimento. Nell’opera invece tutto questo è assente.

Occorre avere avuto la possibilità di leggere altri autori per rimediare a questa “mancanza”.
Le opere di Giovanni Artieri giornalista e scrittore del primo dopoguerra, tra gli anni 1950 e 1960 sono molto eloquenti. Più recentemente però, il libro “Tra Federalismo e Decentramento” di Waldimaro Fiorentino, ci fornisce i parametri necessari. Con questa opera si riesce ad individuare la causa del male. Grazie a questa opera quindi, il saggio di Stella acquista valore perdendo l’impressione d’essere soltanto un elenco di fatti ed inganni scritti con piglio di inutile antipolitica. In tutte e due le opere infatti si individuano due fattori fondamentali :

uno, che la corruzione e la spartizione del potere viaggia di pari passo dall’Italia del Nord e quella del Sud senza le distinzioni tanto care alle forze politiche secessioniste, la seconda, è il confine temporale, superato il quale la classe di potere prende il sopravvento totale sul Paese.

Questo confine è posizionato con l’inizio degli anni ’70, quando con l’introduzione dell’ordinamento territoriale in REGIONI, viene soppresso il Regio Decreto che sanciva il «Testo unico per la finanza locale» - 1974 - Si sciolse praticamente l’ordinamento territoriale ed amministrativo Sabaudo.

Era l’ultimo baluardo che la repubblica doveva superare !

L’ordinamento Sabaudo infatti, era basato sulla centralità del controllo (il Governo del Paese) e il decentramento amministrativo (gestione pratica di Province e Comuni).
Rotto questo miracolo, il cancro della politica amplia le sue metastasi anche alla periferia del Paese giungendo ad infettare tutto.
Insomma, per avere i danari, i Comuni devono pagare pegno alla Politica !

Non a caso con quel provvedimento, pur nella promessa di snellire lo stato, si è passati da 1,5 milioni di dipendenti pubblici agli oltre 3 milioni di oggi. Vale la pena di ricordare che L’Italia con la “I” maiuscola degli anni 30 e 40, aveva meno di 700.000 dipendenti pubblici, ed il suo territorio non servito dalle tecnologie odierne era molto più ampio e decentrato nel mondo.

Dopo di allora infatti i costi del sistema hanno continuato ad aumentare, ed aumenteranno ancora come testimonia un’agenzia dell’ASCA sugli aumenti delle tasse a livello locale negli ultimi anni.
Fiorentino questo stato di cose, lo argomentò 15 anni fa, ma non ebbe il successo di Stella, forse perché questa verità, portava un preciso nome e cognome “repubblica italiana”.
Era quindi un libro scomodo a tutti.

La verità di Stella invece, pura antipolitica - perché spara nel mucchio senza indicare le cause - torna comoda oggi, per continuare l’opera di demolizione morale del Paese necessaria alle forze secessioniste, o all’eliminazione di alcuni concorrenti nella spartizione continua delle risorse rimaste libere.

Qual è il rischio ? Il Rischio grosso è la guerra dei poveri.
L’esempio della Cecoslovacchia è molto calzante. Unito, questo paese, pur allineato tra i Paesi sotto al giogo sovietico/comunista, era un Paese all’avanguardia, economicamente evoluto e considerato in Europa. A oltre 15 Anni dalla scissione in Cechia e Slovacchia i due Paesi stentano a tenere il passo dello sviluppo. Anche la più evoluta Cechia non è che un fanalino di coda nell’unione europea, al pari di Malta e Cipro. La maggioranza delle sue industrie e delle sue principali aziende sono ormai “colonizzate” dai tedeschi, che hanno trovato il modo di riversare su di esse le lavorazioni più sporche, inquinanti e meno pagate !

Ancora peggio invece è l’Esempio Jugoslavo, non mi addentrerei, ma mi pare evidente, che l’area, strategicamente importante, sia stata smembrata e messa in stallo volutamente dai paesi più forti facendo leva sulle “differenze etniche e religiose” per poter svolgere i propri “affari”… Austria in testa. Questo paese con poco più di 8 milioni di abitanti in stallo da decenni, economico, sociale, e morale, in un indagine internazionale della metà degli anni novanta fu accreditato di oltre 49 milioni di conti corrente bancari.

Che L’Italia smembrata, rientri nelle mire di qualche altra potenza ?
Vi sono già esempi di ciò… Icmesa di Seveso, l’Eternit, le acciaierie Krupp

La nostra Italia è un Bene prezioso, tanto prezioso, che SM il Re Umberto II ha sacrificato se stesso per non metterla in dubbio !

Un italiano anonimo, …doveva essere un patriota ha scritto che :
L’Italia non è mai stata una razza o un’espressione geografica, è molto di più…
L’Italia è un’idea e un modo di concepire il mondo : L’Italia è universale, e gli Italiani ovunque si trovino, e qualunque sia il loro scopo, sono sempre un valore aggiunto !

Federalismo : tasse locali cresciute del 10 %

Federalismo : studio sintesi, in 5 anni tasse locali cresciute del 10,1%

(ASCA) - Roma, 23 dic 2007 - Irap, Irpef regionale, Rc auto, Ici, Irpef comunale.
Una serie di tasse locali che negli ultimi cinque anni sono aumentate del 10,1% in termini reali.
In pratica, Comuni, Province e Regioni hanno incassato nel 2006 ben 72,9 miliardi di euro (nel 2001, invece, l'ammontare complessivo delle tasse locali era di 58,8 miliardi).
A fare i conti e' il Centro Studi Sintesi di Venezia che ha analizzato la pressione tributaria (imposte e tasse) a livello locale.
Secondo lo studio, nel 2006 e' stata di 1.248 euro la pressione tributaria locale per abitante contro i 1.134 euro nel 2001.
Una cifra rilevante, cresciuta di anno in anno con un certo impatto nel sostenere lo sviluppo delle economie locali.
Dopo il Lazio, con una pressione fiscale locale di 1.662 euro, sono soprattutto i residenti nelle regioni del Nord della Penisola ad essere i maggiori contribuenti.
Nel 2006 la pressione tributaria locale della Lombardia era di 1.576 euro pro-capite, doppia rispetto a quella registrata in Sicilia (ultima regione come sforzo fiscale locale) con 696 euro pro-capite. Notevoli sacrifici sono stati richiesti anche ai cittadini piemontesi (1.571 euro euro pro-capite), ai valdostani (1.483 euro), agli emiliano-romagnoli (1.472 euro), ai toscani (1.400 euro) e ai veneti (1.357 euro). Sotto la media nazionale e nelle posizioni piu' basse in questa particolare classifica si trovano invece la Basilicata (767 euro), la Calabria (773 euro) e la Campania (864 euro).