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Lo scopo di questo Blog "150° Unità d'Italia" è quello di raccogliere tutte le informazioni relative all'evento, e denunciare il tentativo di strumentalizzare la Storia ai fini anti italiani, così come denunciare l'impegno Istituzionale nel far passare questo importante traguardo il più inosservato possibile.

sabato 26 febbraio 2011

Non si celebra l’unità d’Italia dimenticando i Savoia

Non si celebra l’unità d’Italia dimenticando i Savoia

Dal “Corriere della Sera” La lettera del giorno
30 gennaio 2011

Ho letto con sottile piacere «Lettere al figlio» di Lord Chesterfield, manuale educativo in forma epistolare che dà uno spaccato ineguagliabile della vita inglese ed europea del 1700. Ma davvero questo libro è stato il vademecum educativo dei rampolli delle classi abbienti di tutta Europa per molti decenni?
Cesare Cerri


Risponde Sergio Romano

Caro Cerri, Nell’Inghilterra della seconda metà del ’700 le lettere che Chesterfield indirizzò al figlio, al figlioccio e ad altri personaggi del tempo, ebbero per il suo Paese l’importanza che il «Cortegiano» di Baldassar Castiglione ebbe nel Cinquecento e nel Seicento per l’Italia e per l’Europa. Alla loro reputazione giovò anzitutto la statura e la fama del personaggio: una grande famiglia, una impeccabile educazione umanistica, una lunga frequentazione delle corti europee, un brillante servizio pubblico a corte, in Parlamento e al governo, i buoni risultati ottenuti in alcuni negoziati internazionali e la saggia amministrazione dell’Irlanda di cui fu Viceré dal 1745 al 1746. Al figlio, principale destinatario della sue lettere, Chesterfield raccomandò le regole di un galateo adatto soprattutto a giovani di buona famiglia, dotati di una considerevole fortuna e destinati al servizio dello Stato. Gli suggerì di spendere liberalmente ma saggiamente, di avere una stabile relazione amorosa e di scegliere il migliore maestro di ballo. Fu questa probabilmente la ragione per cui un grande erudito inglese, il dottor Samuel Johnson, disse di Chesterfield, sprezzantemente, che insegnava «la moralità di una prostituta e le maniere di un maestro di ballo ». Ma il suo giudizio fu ingiusto e forse dettato da una certa irritazione per la condiscendenza con cui era stato trattato da Chesterfield quando cercava finanziamenti per la compilazione del suo grande «Dizionario della lingua inglese». In realtà le lettere al figlio insegnano soprattutto moderazione, autocontrollo, senso dell’equilibrio, distacco dalle passioni e dalle emozioni. Appare così sulla scena inglese un personaggio elegante, altero, ironico che verrà definito sommariamente «snob». Ma certe manifestazioni di snobismo sono lo scudo con cui l’uomo di qualità attraversa le burrasche della vita, insomma una versione moderna dello stoicismo. Quando era ormai vecchio, sordo e confinato nella sua casa, Chesterfield disse di sé: «Sono morto da due anni, ma ho scelto di non darne comunicazione ». La serietà della sue raccomandazioni è dimostrata da una lettera del 1749 scritta al figlio mentre questi si apprestava a visitare Berlino e Torino. Gli disse di approfittare del soggiorno nella capitale prussiana per studiare attentamente lo stato delle forze armate e le riforme legislative introdotte dal Grande Federico, «senza dubbio il più capace dei principi europei». E per la tappa a Torino gli suggerì di fare visita a «the next ablest monarch to that of Prussia», al monarca che per capacità veniva subito dopo quello della Prussia. Era Carlo Emanuele III, figlio di Vittorio Amedeo II e re di Sardegna dal 1730 al 1773. Federico e Carlo Emanuele appartenevano alle due famiglie - Hohenzollern e Savoia - che poco più di cento anni dopo avrebbero unificato la Germania e l’Italia. La lettura di Chesterfield dovrebbe ricordarci che non si celebra l’unità d’Italia dimenticando Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.

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