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Lo scopo di questo Blog "150° Unità d'Italia" è quello di raccogliere tutte le informazioni relative all'evento, e denunciare il tentativo di strumentalizzare la Storia ai fini anti italiani, così come denunciare l'impegno Istituzionale nel far passare questo importante traguardo il più inosservato possibile.

giovedì 25 novembre 2010

I Lucani non attesero Garibaldi

I Lucani non attesero Garibaldi
I Borboni furono liquidati prima dell’arrivo di Garibaldi

di Carmela Casentino
13 novembre 2010

E’ una favola quella dell’età dell’oro borbonica.
È stata lunga e articolata la strada che ha portato all’Unità d’Italia e in questo percorso anche la Basilicata ha fatto la sua parte, anzi si potrebbe asserire che è stata tra le prime realtà del Mezzogiorno a fare una scelta di campo netta e a dare impulso al movimento e ad agire senza aspettare l’arrivo di Garibaldi.
È quanto emerso dalla lezione sul “Risorgimento” tenuta dal professor Giovanni Caserta nell’incontro organizzato nella Mediateca, dall’Unitep, l’Università della terza età e dell’educazione permanente, e inserito nel progetto per ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Una lezione arricchita dalle letture dei testi proposti dal professor Lello Chiacchio tratti dalle opere di Manzoni, Mercantini, Sole e Battista, in cui sono stati ripercorsi i momenti più significativi di una pagina di storia bagnata dal sangue dei tanti impavidi che si sono battuti per gli ideali di libertà ed unità.
Ma prima di addentrarsi nella sua dissertazione, Caserta ha voluto subito stigmatizzare certe letture della storia. «I giornalisti - ha detto - stanno portando avanti sulle pagine dei giornali ipotesi revisioniste che ben poco hanno a che vedere con la realtà dei fatti, ma avanzate solo per il gusto di farsi leggere e ascoltare».
Una generalizzazione che potrebbe essere estesa ad alcuni scrittori, ma anche a storici, non esclusi quelli lucani, e a docenti che ancora oggi favoleggiano di una sorta di età dell’oro borbonica.
Niente di più falso, con la differenza che i giornali e i libri si possono anche non comprare. Diverso il discorso per i poveri alunni della scuola pubblica obbligatoria, spesso inermi fruitori di grossolane distorsioni.
Digressioni a parte, «il Risorgimento - ha detto Caserta - andrebbe inquadrato in un’ottica sovranazionale, occidentale, europea ma anche d’Oltreoceano, si ricorda il caso dell’America Latina, che interessa dunque tutti gli Stati indistintamente e che come un incendio divampa in quei paesi che innalzano bandiere al grido di libertà e indipendenza».
Un movimento che ha interessato anche la Basilicata, in particolare Potenza, la provincia di Matera come Ferrandina, in cui si distinsero Giuseppe e Francesco Venita e solo marginalmente la città dei Sassi e che troverà il glorioso epilogo il 18 agosto del 1860. «Mentre Garibaldi e i Mille - racconta Caserta - avanzavano nell’Italia meridionale, la Basilicata si muoveva con largo anticipo grazie all’azione di tre personaggi, Giacinto Albini, Nicola Mignogna e Camillo Boldoni che radunano un gruppo di oltre 500 persone. La parola d’ordine era “Tutti a Corleto Perticara il 16 agosto”.
Al grido d’azione si levò un fronte di impavidi che dalla base marciarono su Potenza cacciando alla fine i Borboni. Fu così che i lucani dichiararono la loro aperta adesione all’Unità d’Italia».
Diverso fu il caso di Matera, già sede della Regia udienza e sempre sotto un vigile controllo. I problemi si trascinavano probabilmente già dall’ambigua vicenda, a seguito dei comportamenti oscillanti registrati nel 1799 e, poi, tra la notte del 7 e l’8 agosto 1860 si consumerà l’eccidio del conte Gattini. «Matera fu bollata con il marchio di città borbonica e
arretrata. C’è voluto del tempo prima del riscatto».


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